Saturday, January 29, 2011

Viaggio in Giappone: Tokyo, Kyoto, Nara

Questo del Giappone è il mio aneddoto pre-viaggio preferito, perché riguarda la potenzialità dei blog nel far avverare i desideri. Se mi conoscete di persona probabilmente ve l'avrò raccontato almeno due volte. Poco dopo essere tornata da New York, scrissi un post in cui dicevo che a quel punto il mio sogno era Tokyo, e che sarebbe stato bello andarci. Circa un mesetto dopo mi arrivò una mail da un ragazzo che lavorava in una compagnia aerea. La mail diceva più o meno così: "Ciao Simona, leggo spesso il tuo blog perché mi piace come scrivi, e qualche tempo fa ho letto che ti piacerebbe andare in Giappone. Io come dipendente Lufthansa, un paio di volte l'anno posso volare gratis, e posso portare due persone con me con il 75% di sconto sul biglietto, se ti interessa credo che potrebbe essere una buona occasione per visitare Tokyo, io sono proprio curioso di andare e nessuno dei miei amici ha le ferie in aprile come me". A quel punto sgranai gli occhi, la rilessi, e mi assalirono mille dubbi del tipo: ma chi è questo qua? Non mi conosce nemmeno e mi propone un viaggio? (Oddio, se aveva letto il blog dall'inizio lui un po' mi conosceva) Ma quando mi ricapita un occasione simile? A quel punto gli rispondo un po' titubante qualcosa tipo: ma la seconda persona posso sceglierla io? E lui mi disse di sì. In quel momento ho pensato che se portavo un'amica e questo era uno psicopatico, sarebbero stati guai per entrambe, perciò ho chiamato un amico di vecchia data, fidatissimo e con le spalle larghe, davvero fissato con il Giappone. Avevo appena iniziato a spiegare la faccenda, e appena arrivata alla parola Giappone disse sì senza nemmeno voler ascoltare tutto il resto. Fortunatamente lui in quel periodo si stava studiando un po' di giapponese per conto suo, e la cosa ci è tornata utile (tipo alla stazione di Kyoto non trovavamo l'uscita e lui trovò la relativa scritta in ideogrammi). Eravamo tre persone completamente diverse, proveniente da tre mondi diversi, a cui non sarebbe mai venuto in mente di fare un viaggio insieme, eppure alla fine tutto andò bene. Il biglietto in economy di quel volo costava sui 900 euro, e lo pagammo appunto col 75% di sconto. Volammo prima da Milano a Francoforte, poi nel secondo volo la classe economy era piena, ed essendo biglietti speciali senza il posto riservato, a due su tre ci spostarono in business. Un culo così signora mia non mi ricapiterà mai più in tutta la vita. Passammo cinque notti a Tokyo in un ryokan: un alberghetto a conduzione familiare. A Kyoto invece trovammo un ostello, e devo dire che col cambio favorevole dello Yen, la vita là non era costosa per niente. Mentre eravamo là facemmo un'escursione di un giorno a Nara per andare a vedere la statua del budda più grande del mondo. Quel mondo così tanto distante dal nostro fu un'esperienza devastante che cambiò per sempre il mio modo di vedere le cose. Vi metto qui sotto i post scritti in quei giorni, sono i miei preferiti di sette anni di blogging, abbiatene cura.




sabato, 14 aprile 2007
Siamo solo a mezzogiorno, e posso già dire che questo 14 aprile è una di quelle giornate da ricordare, sotto la voce "ne andasse una come deve andare".
Resto comunque ottimista.
Come tutte le notti che precedono un viaggio, questa notte non ho chiuso occhio. O quasi. L'ultima volta che ho guardato l'orologio erano le 4.15.
La sveglia che doveva suonare alle 4.45 non ha suonato, perché mi sono dimenticata che la mia sveglia del cellulare, il sabato e la domenica non suona. Il treno per che doveva portarci a Milano per recarci successivamente a Linate, partiva alle 5.30 da Bologna.
Mi sveglio di soprassalto.
Guardo l'orologio.
Le cinque e diciassette.
Esaurisco un variegato repertorio di bestemmie, mentre con una mano mi vesto e con l'altra chiamo un taxi.
Mi fiondo nell'ascensore con zaino e valigia, e chiamo Panda: "sono in ritardo fai i biglietti".
Consiglio gentilmente al tassista di bruciare i tre semafori rossi che ci separano dalla stazione. Non mi ascolta. A costo di perdere il treno, aspetto il resto, così impara. Mi scapicollo giù dal taxi, e panda mi dice "binario 11". Chiaramente il binario più lontano che esiste, chiaramente.
Saliamo sul treno senza obliterare e le porte ci si chiudono dietro le spalle.
Grazie a dio la controllora si è dimostrata comprensiva, altrimenti le avrei rifatto la permanente con un'occhiata.
Non c'è male come inizio.
Arriviamo a Linate, e al check-in ci dicono che l'aereo è pieno.
Premessa: i nostri biglietti ultrascontati, hanno l'unico problema che se l'aereo è pieno ti spostano in quello dopo.
"Ma come, ieri c'era posto".
"Sì, ma la vede quella bambina con la gamba rotta? Stamattina hanno prenotato dei posti in più per lei, i genitori, la carrozzella, e l'infermiera".
Cattivo pensiero di romperle anche l'altra gamba sul momento.
Occhiatona supplicante flap flap al bigliettaio.
"Beh veramente, tre posti sparsi ci sarebbero, ma dobbiamo aspettare l'ultimo momento perché se arriva qualcuno che li compra a prezzo pieno, ha la precedenza su di voi".
L'ora seguente è trascorsa volgendo sguardi preoccupati e occhiatacce a qualunque essere vivente si appropinquava verso la biglietteria.
Siamo riusciti a partire.
Ora siamo a Francoforte, e sto sperimentando l'hot spot internet wi-fi. Ho davanti a me 11 ore ininterrotte di volo.
Credo che me le dormirò, sì.



domenica, 15 aprile 2007
Eccomi qua, a tokyo. Il mio cellulare qui non va, e il piccolo hotel a gestione familiare non dispone di wi-fi neanche per sbaglio. Il loro pc ha la connessione free di mezz’ora, ma la loro tastiera semi giappo e' veramente ostica da usare. Per scrivere queste tre righe ci sto mettendo venti minuti. Se non li convinco a farmi attaccare alla presa il mio portatile, non manterro' la promessa di aggiornare costantemente.
Intanto vi dico cose sparse:
- Ho gia'  fatto 60 foto in una mezza giornata.
- Qui e' tutto un altro pianeta, anche le concezioni elementari vengono ribaltate. Per contare con le dita delle mani partono dal mignolo invece che dal pollice.
-  Stazioni e aereoporti sono totalmente bilingue, e' stato quasi piu' facile raggiungere l'albergo qui, piuttosto che a new york. 
- La popolazione ha un grado di civilta' per noi inimmaginabile. Tutti in fila, si parla sottovoce, per terra non ci sono cartacce, la pulizia e' maniacale.
- Oggi a pranzo mi sono mangiata otto piattini di sushi al nastro trasportatore, spendendo dodici euro. Alla faccia di chi dice che il Giappone e' caro. Mi sono pure bevuta un bicchiere di sake' tutto d'un fiato per sbaglio, perche' lo vendono in bottigliette di plastica uguali alla nostra acqua, ed in piu' e' inodore.
- Il the' freddo fa schifo, sembra succo di fagiolini, o forse lo era davvero.
- Qua pare che hello kitty sia dappertutto. Ci sono piu' immagini sue, che del papa a roma. A proposito, nel templio qui ad asakusa ho accarezzato la crapa pelata del budda, pare che porti bene.
- La mia stanzetta nel ryokan ha il futon e misura 4 tatami e mezzo.
- I giapponesi non hanno capito kill bill, non ho ancora trovato la katana di hattori hanzo.
- In aereo pero' ho visto "le vite degli altri" il film ambientato nella ddr berlinese. Diventa sempre piu' indispensabile recarcisi. Il film e' molto bello, merita.
- I pubblicitari giapponesi sono dei geni, mettono la grafica dei cartoni animati ovunque. Per la serie prendiamoli da piccoli.
- In treno, invece di cambiare la motrice, quando invertono il giro ruotano i sedili dalla parte opposta. Inutile dire che hanno spaccato il minuto sia alla partenza che all'arrivo.
- A new york era tutto un "guarda qui e' dove hanno girato quel film", qui invece e' tutto un citare i cartoni animati. Frasi del giorno: adesso mi compro una delle polpettine di marrabbio, guarda le ciabatte di coccinella, vedi che giocano a baseball con le uniformi di prendi il mondo e vai.
- Il pachinko e' una cagata pazzesca, e ci giocano in tantissimi. Io ho provato quello con lo sfondo di Mimi' Ayouara, ma non ho vinto niente.
- A proposito, lo scarico del vater e' il piu' stretto che io abbia mai visto, per fortuna che si mangia roba molto leggera.
- La receptionist ci ha invitato per una gara di karaoke stasera.
- Prima ho acceso la tv, e c'e' roba tipo mai dire banzai, su tutti i canali.
- In giro non ci sono italiani, ed e' la prima volta che in un viaggio posso affermare una cosa del genere. Si vede solo qualche americano ogni tanto, ma gli occhi a mandorla battono gli occidentali 99 a 1. Affermazione che non si puo' certo recitare al contrario. 
Vado a cercare il pupazzo di Doraemon, sayonara.


lunedì, 16 aprile 2007
Bene, eccomi pronta per affrontare la seconda giornata, qui sono gia' le nove del mattino.
Vi racconto meglio la mia figuraccia di ieri.
Mentre mangiavo il sushi, mi e' venuta sete. Nel tavolo accanto c'era un tizio giappo che aveva una bottiglietta di plastica trasparente, con dentro un liquido trasparente, e le scritte colorate sopra. Mi scoccia di verificare se il cameriere sa l'inglese, e quindi indico quella e faccio segno di uno con la mano. Lui mi porta subito la mia bottiglietta. Per scrupolo sento l'odore: nessun odore. Mando giu' un bicchiere velocemente e quasi mi viene da sputarlo fuori. Il cameriere arriva subito preoccupatissimo e mi fa l'inchino. Allora gli dico: sorry, i thought it was water. Non capisce. Ai zink uotar. Capisce. Water si pronuncia uotar in inglese, e in giapponese uota, ecco perche' ha capito. Inizia a ridere compulsivamente, e a ripetere uota, uota. I due giapponesi accanto a me lo seguono, altri due poco piu' in la' si fanno spiegare l'accaduto e pure loro "uota, uota, ahahhahahah". Che vergogna.
Ieri sera siamo stati  a shibuya. Folgorazione immediata. Riconosco quella panoramica di lost in translation che faceva tanto Time square. Grattacieli ed enormi cartelloni pubblicitari video, ultrapixelati e luminosi, musica, gente. Centinaia di migliaia di giapponesi fashion dibbrutto che camminano seguendo i sensi di marcia. Roba che i milanesi che passeggiano a corsocomo, paragonati a questi gggiovani giappo trendy, sembrano straccioni. Le macchine sono fighe e tamarrate fashion, come in fast and furious. Anche gli scooter. La moda dell'alternativo qua non e' ancora arrivata, ho trovato le converse nere con la punta nera a 25 euro. Loro sono tutti lampadati, piastrati, con le sopracciglie curate, delle perfette bambole. Questi giovani giapponesi sono bellissimi, troppo belli per piacere a me. In mezzo a questo labirinto di boutiques di modaggiovane, in un angolo nascosto, troviamo un negozio che reca la scritta vintage. Polveroso, il cassiere sembra un sessantottino convinto e recidivo, assomiglia a john lennon. Per fortuna che c'e' lui, penso.
Mi fermo ad osservare un incrocio. Sgrano gli occhi. Noi, i nostri incroci, per attraversarli, camminiamo sulle strisce che sono disposte "a quadrato". Loro che sono fighi, hanno pure la X in mezzo. Per andare da A a C, non fanno A-B-C, ma direttamente A-C, perche' le macchine negli incroci che si trovano a ridosso di zone pedonali grandi, stanno tutte ferme.
Ceniamo col ramen, spaghetti di soia in brodo di soia, e con un altro piatto che sembra arrosto fritto nell'uovo, appoggiato sopra al riso. 
Passeggiando entriamo in un negozio di geek gadget. Pupazzetti dell'uomo ragno, super mario, guerre stellari. Riproduzioni in plastica grandi e piccole, portachiavi, maschere. Ma io ho gia' visto cosa voglio. Il pupazzetto giallo degli happy three friends. Ha il collo che si attacca e stacca con lo strap ed escono le budella di pelouche. E' stato amore a prima vista. Poi, stanchissimi, torniamo verso l'albergo, 45 minuti di metropolitana. Riaccendo la tv prima di addormentarmi: il telegiornale.
La cesara buonamici della situazione, annuncia un servizio, con la faccia spaventata e dicendo uaaataaa o qualcosa di simile: parte un servizio, che trasmette le immagini di un terremoto che fa sussultare la telecamera di mezzo metro. Questa esperienza ci terrei a non provarla.
Dovete sapere che qui a tokyo, alcune persone vanno in giro con la mascherina di carta, tipo quelle che da noi si usano in sala operatoria, per lo smog. Evidentemente non hanno mai respirato l'aria di milano. Ecco, al tg hanno fatto vedere un filmato ripreso dalle telecamere di sicurezza di una banca, dove si vedano due tizi armati della suddetta mascherina, che entrano in un bancomat. Sembra che digitino codici, armeggiano, sembrano cosi' hacker che Mitnick gli fa un baffo. Appena finito, intascano i soldi ed escono. Lo schermo torna sul tg, ora i conduttori sono seduti intorno a una tavola rotonda, con tre ospiti. Tutti scossano la testa e sembrano dire, brutti e cattivi, non si fa.
Ho dormito con il mio pupazzetto nuovo.
Ora vado a cercarmi uno starbucks o un dunkin donuts per la colazione.
Si vede che sto imparando ad usare l'ostica tastiera?


martedì, 17 aprile 2007
Buongiorno. Stamattina non mi ha suonato la sveglia, sono gia' le dieci e percio' devo fare presto. Devo comprarmi una sveglietta portatile.
Ieri siamo stati ad Akihabara, il quartiere dell'elettronica. Io invece lo chiamerei cartonilandia. Disneyland gli fa un baffo a questo posto qua. Sale giochi di otto piani, fumetterie colorate di sei piani, con fumetti poster pupazzetti e dvd, negozi sterminati pieni di ipod, portatili, tv, cellulari, tutti colorati.
Siamo anche entrati per sbaglio in un sexy shop pensando che fosse un negozio di costumi per cosplayer, quelli che vanno in giro vestiti da fumetto. Eh gia, perche' qua l'industria del porno e' un vero business, anche se non e' esattamente come ce l'immaginiamo noi. Nelle fumetterie ci sono interi piani di manga porno, e per proprieta' transitiva, i giapponesi vestono le loro donne come le eroine che sono abituati a leggere, come Nana'. Da noi le svestono, loro le vestono da scolarette. Strano eh.
I libri sono un'altra di quelle cose al contrario. La copertina sta dove da noi c'e' la quarta di copertina. La prima pagina, e' quella che nei nostri libri e'  l'ultima, poi li leggono sfogliandoli al contrario, e dove noi abbiamo la copertina ci sono solo prezzo e codice a barre.
Ieri sera siamo stati sulla tokyo tower, e abbiamo potuto ammirare dall'alto questa citta' illuminata nel buio. La torre e' una copia della Eiffel, 300 metri piu' alta e colorata di rosso.
I giapponesi sono piu' coerenti degli inglesi. Guidano a sinistra, e anche sulle scale mobili stanno tutti in fila sulla sinistra. Non come gli inglesi che mettono i cartelli stand on the right.
Scappo che e'  tardi.
Update della sera: siccome piove, siamo rincasati presto.
Prima ho chiesto un'informazione a una tipa e lei mi ha risposto: turn light.
Io l'ho guardata male, e ho pensato: come faccio a spegnere la luce se siamo all'aperto. E lei di nuovo: turn light. Uhm. Poi agita la mano destra. Voleva dire turn right, mannaggia alla sua erre che non ha.
Ieri sera prima di andare a dormire ho riacceso la tv. Sul primo canale c'era un quiz in inglese sottotitolato giappo. Leggevano la definizione di una cosa dal dizionario e quelli dovevano indovinare a che parola corrispondeva. Le pubblicita' dei corsi di inglese sono ovunque, li stanno martellando per benino, e loro imparano sicuramente piu' di noi. La cosa incredibile era il programma sul terzo canale. Un documentario in italiano, sugli uffizi a firenze, anch'esso sottotitolato. Interessantissimo. E da noi invece c'e' la defilippi, porca miseria.




martedì, 17 aprile 2007

Visto che stasera non c'e' fila al pc, vi racconto subito la giornata di oggi, senza aspettare domattina.
Su ieri non ho scritto molto, perche' nel quartiere di elettronica videogiochi e fumetti, ci siamo stati dodici ore. E' stato meglio che a disneyland. Solo quello vale tutto il viaggio e lo sbattimento.
Stamattina siamo andati a Shinjuku, il quartiere dei grattacieli e degli uffici, tipo wall street. La stazione della metro e' affollatissima di pendolari giaccacravattati, tutti di corsa e in fila come formichine industriose. Qui hanno sede le aziende piu' importanti del paese. Dopo tutta questa gente cosi' elegante, abbiamo sentito la necessita' di andare ad harajuku, il quartiere dei frikkettoni. Ci sono un sacco di negozietti vintage e punk. I giapponesi rasta sono da vedere. Quindi, i fighetti giapponesi sono a shibuya, e gli alternativi ad harajuku. Ogni macrocosmo ha tanti piccoli microcosmi che a loro modo girano allo stesso modo. In giro ci siamo anche incontrati un drappello del partito comunista giapponese, ma non li vedevo molto convinti. Abbiamo pranzato in un ristorante tipico, dove non c'era l'ombra di un turista. Niente menu' in inglese, abbiamo mangiato riso con pollo perche' era l'unica cosa che siamo riusciti a trovare sul dizionario. Scodella di riso, piu scodella di brodo col formaggio, piu cotolettona di pollo, piu succo di arancia. Abbiamo speso 1200 yen, otto euro circa. Sfatiamo una volta per tutte questo mito del giappone caro per piacere, il cambio e' ai massimi storici a nostro favore. Ho anche trovato una felpina grigia di Bape ad un quarto del suo valore. Dopo siamo andati a Roppongi, il quartiere degli artisti. Siamo saliti sulla mori tower, un grattacielo di 54 piani, con una terrazza panoramica, che fa sembrare minuscola la tokyo tower. Nello stesso palazzo c'e' un piano intero dove c'e yahoo japan, ma non si poteva visitare. Invece, il Mori museum of modern art si poteva vedere. E vi pare che io appassionata come sono potevo perdermelo? Di solito i musei di arte moderna sono popolati di opere concepite da pazzi scatenati, immaginatevi come possono essere se i suddetti pazzi sono addirittura giapponesi. Mai dire banzai docet. Poco lontano c'e' l'hard rock cafe', che da noi e' quasi passato di moda, ma qui impazziscono per il rock. In molti negozi c'e' questa musica di sottofondo. Sembra che i beatles li abbiano scoperti adesso, mi e' capitato di sentirli spesso. Per cena poi, abbiamo sperimentato il ristorante con i tavolini bassi, dove ci si siede per terra sul tatami, dopo essersi tolti le scarpe, e si mangia a gambe incrociate. Rialzarsi dopo il sashimi menu' non e' stato facilissimo, avevo le gambe tutte indolenzite. 
Per domani e' in programma un giro in centro, che non l'abbiamo ancora visto.
Notte!


mercoledì, 18 aprile 2007
L'altro giorno mi sono dimenticata di raccontarvi un aneddoto. Un commesso, in un negozio ci ha chiesto "where are you from?"
e noi: italia
e lui: ciao!
e noi: konnichiwa!
e lui: berlusconi! ahahahahaahah!
e io: in italy, not all like him.
e lui: I know, I'm joking, berlusconi ahahahah.
Mentre una volta i luoghi comuni su di noi erano: pizza mafia spaghetti e mandolino, ora il piu' popolare e' berlusconi. Preferivo pizza mafia spaghetti e mandolino.
Ma veniamo a oggi e al nostro giro in centro: il quartiere Ginza. E' senza dubbio il quartiere piu' occidentalizzato, e anche quello che mi e' piaciuto di meno. Sembrava di stare sulla quinta avenue a New York. Grattacielo di Gucci, di Tiffany, di Cartier, di Vuitton, e via di seguito. So boring.
Non lontano c'e' il palazzo dell'imperatore, peccato che sia aperto al pubblico solo due giorni l'anno e non abbiamo potuto vederlo. Pero' i giardini dell'imperatore erano aperti, e li abbiamo attraversati camminando. Meravigliosi, ma non finivano piu'. Una volta usciti, si arriva davanti al museo della tecnologia. Cinque piani di robe tecnologiche che per loro sono da museo, ma io un robot dal vivo mica l'avevo mai visto. Peccato per le scolaresche urlanti che affollavano ogni piano. A noi da piccoli mica ci portavano in musei cosi' fighi.
Li' accanto c'e' il museo nazionale di arte moderna, il momat. Siamo entrati, ma era meglio quello di ieri che era dedicato alle cose assolutamente contemporanee. Questo praticamente conteneva pseudo imitazioni impressionistiche e astrattiste da parte di autori giapponesi. 
Dopo ci siamo recati a Ikebukuro, che e'il quartiere residenziale, dove vivono gran parte dei lavoratori. Stazione affollatissima anche qua. Dopo esserci persi nell'ennesima sala giochi (sono arrivata prima a Supermariokart guidando con Wario!), siamo entrati nella sunshine city, probabilmente il centro commerciale piu' grande di Tokyo. Alto cinque piani, lungo che non se ne vedeva la fine. Dentro c'era pure la piazza, davvero una city a se' stante. 
Non ho resistito a comprarmi l'ombrellino rosa di hello kitty. Il mio si era distrutto. La mia rovina e' che tutte queste scarabattole costano dai 50 centesimi ai 5 euro. Troppo poco per farmi desistere ogni volta. Ogni tanto cedo.
Domani e' l'ultimo giorno qua, e lo trascorreremo a Ueno, diluvio permettendo. Fino ad oggi ci siamo beccati cinque giorni di pioggia su cinque. Dopodomani prenderemo il treno veloce per Kyoto. E' il viaggio piu' bello che ho fatto, ma e' anche la prima volta che mi manca un po' casa. Sto invecchiando, mi sa.



giovedì, 19 aprile 2007
Rieccomi qua.
Questa mattina siamo andati a Ueno. Giretto nel parco, e nel tempietto annesso. Ho pure acceso una candela a budda: quelle accese a suo cugino non hanno portato granche' bene finora, ma non si sa mai.
Li' accanto c'e' lo zoo di Tokyo. Ho visto i fenicotteri rosa. Stupendi. Poi il panda, le giraffe, gli ippopotami, i rinoceronti e le zebre marroni. Io credevo che esistessero soltanto nere, non si finisce mai di imparare.
La bambinite che mi ha colpito a fumettolandia mi e' rimasta addosso, saltellavo da una gabbia all'altra scattando foto e indicando gli animali, proprio come i pargoli presenti.
Uscendo dallo zoo si passa davanti al museo nazionale di Tokyo. In questi giorni sulla facciata campeggia un cartellone intitolato a Leonardo da Vinci, the world genius. Dovete sapere, che in quel museo, fino a giugno e' esposto UN quadro preso in prestito dagli uffizi di Firenze. L'annunciazione di Leonardo da Vinci, appunto. Durante un impeto di patriottismo, la tentazione era di buttarsi in mezzo alla folla e dire: italians do it better, ma ci siamo trattenuti. Ci siamo messi comunque in fila per ammirare il quadro. Mezz'ora di fila scorrevole e continua, migliaia di paia di occhietti a mandorla adoranti e provenienti da tutto il giappone, che sostavano davanti al quadro a bocca aperta, gustandosi ogni centimetro di prospettiva. Tutto questo per UN solo quadro. Ecco perche' quando vengono in Italia impazziscono. Noi non siamo consapevoli della nostra fortuna.
Usciti dalla sala del quadro, ci siamo messi in fila per la mostra permanente al piano di sopra. Per vederla bisognava mostrare il biglietto d'ingresso, ma Panda l'aveva perso. Da buona italiana, chiedo l'eccezione alla cassiera: "lui ha perso il biglietto, pero' noi  due ce l'abbiamo e proveniamo dall'altra sala, possiamo passare lo stesso?". E questa mi risponde che chiama il suo capo. Sempre troppo zelanti questi giapponesi. Rispieghiamo la storia al capo, e ci chiede di aspettare un attimo. Fa una telefonata e poi ritorna da noi, che nel frattempo ci preparavamo ad essere mandati a quel paese. "Mi scuso tantissimo a nome della direzione del museo, ma non disponiamo ancora di un ufficio oggetti smarriti. Ho fatto cercare il biglietto ma non e' stato trovato. Vi preghiamo di accettarne uno nuovo in omaggio".  E fa l'inchino. Noi piu' allibiti che mai, non ce lo facciamo ripetere due volte e accettiamo. Da pazzi.
Una volta usciti dal museo abbiamo fatto un giretto nel quartiere. Siamo passati in mezzo al mercato del pesce, con tutti quelli che urlavano pesceeeee, pesce frescoooo, in giapponese. Un flash.
A questo punto, siamo arrivati a meta' pomeriggio, che avevamo gia' spuntato tutte le tappe previste in questi cinque giorni di permanenza a tokyo. Dovendo scegliere il posto piu' bello dove tornare, la scelta non poteva che ricadere su Akihabara. Altre quattro ore passate dentro un ipermercato dell'elettronica, musica, giochi, fumetti, alto nove piani. Sono andata in overdose da luci, colori, suoni. Fino a domani basta. Stasera vado a dormire presto e non accendo nemmeno la tv. Ah, dimenticavo, in questi giorni nel canale dei corsi di lingua hanno passato anche il corso di coreano, di francese e di russo. Mi sto facendo una cultura.
Arigato' gozaimasu!



venerdì, 20 aprile 2007
Questa mattina abbiamo preso lo Shinkansen, il treno più veloce del mondo. Due ore e mezza per compiere 500 km ed arrivare a Kyoto. Puntuale da spaccare il secondo. Questa sì che è vera fantascienza.
Nel labirinto della stazione di Kyoto abbiamo chiesto informazioni ad un tizio, per uscire dalla parte giusta. Questo non spiccicava una parola di inglese, ma pur di aiutarci ci ha accompagnato personalmente, attraversando tutto il centro commerciale dentro la stazione, davanti a noi.
Per recarci all'ostello abbiamo deciso di chiamare un taxi, che eravamo un po' carichi di valigie. Ho dato in mano alla tassista una piantina scritta in inglese con l'ubicazione dell'ostello, ma non riusciva a leggere i nomi delle vie. Ho dovuto leggerglieli con la mia "perfetta" pronuncia giapponese. Un delirio. Alla fine ci ha scaricato un po' più in là. Kyoto sembra trent'anni più indietro rispetto alla ormai bilingue Tokyo. Molte persone parlano il dialetto. La maggioranza delle case sono basse, in legno e con le porte scorrevoli. La cosa positiva è che qui, in stanza mi prende il wi-fi, e non dovrò litigarmi più il pc con altre persone. Tastiera antipatica, addio per sempre.
Nel tardo pomeriggio, passeggiando per il centro, siamo passati davanti a un locale che recava il cartello: live show. Siamo entrati. C'era un tipo giapponese con i capelli lunghi, camicia, e i pantaloni di pelle, che suonava la chitarra imitando Springsteen. Er Ligabue de noantri, in pratica. 
Ho messo su le foto di Tokyo, sul mio spazio msn. Quando torno a casa, che avrò più tempo, le metterò su uno spazio più decente. Per adesso, va bene così.
Buonanotte.


sabato, 21 aprile 2007
Questa mattina abbiamo provato l'ebbrezza dell'autobus giapponese, con la guida a sinistra. A Kyoto ci sono solo due linee di metropolitana, ma sono abbastanza inutili. Siamo andati nel quartiere Gion. Io credo che quell'autobus sia una specie di macchina del tempo. Tutte le case erano basse, con le porte scorrevoli, in giro c'erano tantissime donne in kimono. Sembrava di essere nel diciassettesimo secolo. Per prima cosa siamo andati al tempio zen di Kennin ji. Per entrare bisogna togliersi le scarpe, per non rovinare il tatami. In giro c'è qualche monaco buddista. I giardini del tempio sono estremamente curati. Tutto è calmo e silenzioso. I turisti procedono ordinati. Dopo siamo andati al teatro Kobu Kaburenjo, dove era in previsione l'esecuzione di un balletto che le geishe fanno solo per dieci giorni all'anno in occasione della fioritura dei ciliegi. Prendiamo i biglietti di piccionaia per non farci rapinare. Il teatro è enorme e stracolmo, di gente di tutte le età. Quando inizia lo spettacolo parte la musichetta plin plin suonata con la shamisen, che di solito sta di sottofondo ai film orientali. Plin plin plon plin plin. Entrano le geishe vestite con dei kimono che ricordano un uovo di pasqua, in faccia sono truccate di bianco. La parte superiore del busto è immobile, fanno passettini veloci. Sono in trenta sul palco e si muovono sincronizzate. In una mano hanno il ventaglio e nell'altra il velo. Eseguono coreografie, e le vecchiette si emozionano e battono le mani felici.  Un'ora e venti di tuffo nel passato orientale. Con la musica plin plin. Quando siamo usciti, siamo entrati nel santuario Yasaka. Prima di entrare c'è una specie di fontanella con un paiolo di legno. Guardiamo come fanno loro e lo facciamo anche noi. Si prende l'acqua con il paiolo e si versa su una mano e poi sull'altra, come per lavarle. Mi immagino il giapponese che viene a roma e guarda quelli che si fanno il segno della croce con l'acqua santa. Ogni luogo ha le sue usanze. Mettiamo i soldini dell'offerta nella grata davanti al tempio, e poi suoniamo la campana, per avvisare budda. Percorriamo altre fermate dell'autobus e scendiamo al tempio Sanjusangen-do. Anche qui giardino bellissimo. In antichità, ci tiravano con l'arco. Ci togliamo le scarpe ed entriamo dentro. Bocca aperta e occhi sbarrati. Dentro questo enorme tempio ci sono mille (di numero!) statue d'oro, che raffigurano kannon, la dea della misericordia. Al centro c'è un mega budda, con i quattro demoni di guardia. All'uscita mi lascio andare alle loro superstizioni e per tre euro compro il sacchettino della felicità. Un portafortuna, che anche se so che probabilmente non sarò mai felice, comunque non ci ho ancora perso le speranze. Uscendo da lì, per colmare la mancanza di modernità, siamo saliti sulla Kyoto Tower. E' alta un centinaio di metri, e in cima ci sono un sacco di cannocchiali, che i più usano per spiare le persone che entrano alla stazione, che è situata proprio di fronte. Quando poi ci siamo ripassati, abbiamo salutato verso l'alto. Questa sera poi, siamo andati a mangiare sushi con Nino, Emanuele, e la sua ragazza Misaki. Ci siamo raccontati i rispettivi aneddoti giapponesi, mentre componevamo la solita pila di piattini per soli mille yen.
Dice: ma non ti viene mai a noia il sushi? No, ancora no. 
Passeggiatina per smaltire, lungo Kawaramachi-dori (la via dei negozi), e successivo rientro in ostello. Qualche considerazione sulla città. Anche qui, come a Tokyo, è pieno di corvacci neri. Sono inquietantissimi. Noi alla mattina sentiamo il canto degli uccellini, e loro sentono il cra cra dei corvi. Brrr.
A Kyoto ci sono troppi turisti senza gli occhi a mandorla, ne ho visti più qua in un giorno, che a Tokyo in una settimana. Pare che sia una meta prediletta dagli australiani, per la vicinanza. Gli abitanti però non si sforzano ad imparare l'inglese. Mi sembra di frequentare un corso di mimo per psicopatici. Quando sbarrano le braccia a X significa che il ristorante è pieno, o che non gli piaci e non vogliono darti da mangiare. Alcuni ristoranti vicino alla zona turistica, hanno il menù in inglese con i prezzi raddoppiati, rispetto a quello giapponese. Ma a noi non ci fregano mica, tzè. Mica siamo italiani per niente!



domenica, 22 aprile 2007
Ben tre persone ci hanno consigliato di andare a visitare Nara, una cittadina a 40 minuti di treno da Kyoto. Tanto per non farci mancare niente, neppure la "treno regionale" experience, siamo andati. Le macchinette dei Tickets per questi treni non sono bilingue, quindi sparo a casaccio, faccio un biglietto da 730 yen e poi vado dal bigliettaio a chiedere se va bene. Quello mi dice che no, il biglietto giusto è da 610 yen. Brava pirla che non hai chiesto prima, penso. Vabbè, siccome la cifra che ho messo è maggiore, e quindi va bene comunque, mi giro per andarmene. Il tizio mi chiama indietro. Mi prende il biglietto dalle mani, me ne da uno da 610, insieme a 120 yen di resto. Mi  fa l'inchino con la testa, e mi dice grazie. In italia mi avrebbe cacciato via dandomi della cogliona sotto i baffi, come minimo. Sarà dura riabituarsi ai nostri modi di fare. Il controllore sul treno, quando entra in una carrozza fa l'inchino intero, saluta, e poi lo fa anche quando esce.
Fortunatamente le fermate sono bilingue, e non ci sbagliamo. Nara si gira tutta a piedi, in compagnia dei cervi. Ce ne sono tantissimi, che scorrazzano liberi per la cittadina. Notiamo subito il cartello stradale "pericolo, attraversamento cervi". Visitiamo un tempietto, e poi un paio di giardini curatissimi, non c'è una foglia fuori posto. Poi arriviamo al tempio Todaiji. E' stato costruito intorno al grande budda. Una statua alta cinquantasette metri. E' il budda più grosso del giappone. I suoi occhi misurano un metro ciascuno. Ovviamente sono a mandorla. Entrare lì dentro è un'esperienza mistica. Penso che se un giorno sentirò nuovamente l'esigenza di praticare una religione, potrei pure preferirlo a suo cugino. Le persone intorno a me sono tutte ultra devote. Si inginocchiano davanti a lui e pregano, poi infilano la monetina nella feritoia, e suonano la campana. Proseguiamo la passeggiata per un santuario, per arrivarci si salgono un sacco di scale e mi viene in mente Pai Mei. In cima c'è una terrazza, dove si vede tutta la città. Abbiamo mangiato i takoyaki: polpettine di polipo. Buone buone. Al ritorno, senza volerlo abbiamo preso un treno diretto, che costa di più. Il controllore si è scusato e ci ha chiesto la differenza. Non ci ha detto brutti stronzi, ci avete provato eh, eh? Poi, il solito arigatò gosaimazu. Credo che quando tornerò a casa, lo dirò per un mese. Qua lo ripetono tutti, in continuazione. Sono pazzi questi giapponesi.



lunedì, 23 aprile 2007
Oggi siamo stati capaci di prendere l'autobus sbagliato per tre volte, nell'arco di tutta la giornata. Kyoto non è esattamente facile come Tokyo. Per fortuna che avevamo il pass giornaliero e non pagavamo a corsa. Girarsi tutta la città col bus, però è stato interessante. A parte le varie strade, abbiamo visitato il castello di Nijo. Pare che fosse la residenza dello Shogun. Complimenti per il giardinetto di mmmmille metri quadrati. Poi, a nord siamo stati al tempio kinkakuji. La sua particolarità è che è interamente ricoperto d'oro. Brilla che è una meraviglia. Poi, come ultimo, abbiamo visto il tempio scintoista di fushimi inari. La sua caratteristica, è che da lì parte un percorso lungo un'intera collina, tutto ricoperto di torii, dei cosi arancioni che assomigliano a una t con due gambe. Sono ben strani da vedere. Questa sera ho mangiato l'ultimo sushi. Domattina si va a Osaka, al futuristico aereoporto costruito da Renzo Piano per riprendere l'aereo che ci riporterà verso casa. Il rientro nella città delle due torri è previsto intorno alle ventidue. Sayonara!



giovedì, 26 aprile 2007
Il ritorno a casa:
è un treno supersonico che passa sopra a un ponte in mezzo al mare, diretto verso un'isola artificiale grande 2 km quadrati, sopra la quale è stato costruito un aereoporto.
è prendere due aerei e un altro treno prima di oltrepassare la porta di casa
è rendersi conto di quanto effettivamente ti è mancata Bologna
è farsi una doccia e lasciarsi convincere ad uscire dopo 24 ore di veglia
è il primo piatto di pasta il giorno dopo
è il primo caffè sorseggiato con avidità
è andare a fare la spesa e comprarsi le mozzarelle
è ascoltarsi loveless dei my bloody valentine
è tornare in ufficio contenta, perché dopo tutte quelle passeggiate rilassanti nei templi e nei giardini, ho rinnovato la scorta di ottimismo
è attaccare una cartolina del monte Fuji alla parete
è il numero inaspettato di persone che mi hanno letto mentre ero lontana
è leggersi Dance Dance Dance di Murakami, sorridendo ad ogni riferimento conosciuto, e pensare che è più bello di Norvegian Wood, anche se dovrei rileggerlo ora
è riprogrammarsi le uscite con gli amici che non si vedono da troppo tempo
è scrivere un post sul ritorno a casa.

1 comment:

  1. è scriversi un post sul ritorno a casa :)
    Bellissimo! Oggi ho recuperato tutto il mio ritardo e ho letto d'un fiato quasi tutto il blog, lasciando per ultimo il Giappone. Proprio bello.
    Spero però che tu abbia cambiato idea riguardo il non poter essere mai felici! ;)
    un bacio

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